Margini Orientali

Antropologia sull’ identità femminile
Mostra personale di Silvana Sferza

12 novembre – 6 dicembre 2004

Ipogeo dell’Annunziata
Via Annunziata 38 Napoli

Una premessa e una promessa, la mia evoluzione non passa attraverso canoni scontati

Margini Orientali

L’oro e l’argento determinano e circoscrivono i fondali e le forme della pittura di Silvana Sferza. Preziosità lontane, dal gusto antico, si sovrappongono fino a scardinare i parametri stessi dell’espressività. Ogni immagine è parte di un universo intimo, pulsante, a volte gravido. E’ l’affermazione della vita sulla morte che continua il suo implacabile cammino. Ogni donna porta con sé la capacità di procreare. Ma quando il corpo si rifiuta di essere il laboratorio in cui si germina una nuova esistenza, si aprono altre possibili alternative, altre estensioni, altre prospettive. Una donna, anche se non madre, è la madre di ogni creatura venuta al mondo dalla notte dei tempi. E’ come sentisse in sé i gemiti e il soffio della vita del mondo, e non rifiuta tale difficile ruolo.

E’ allora che si dilata il Margine Orientale della personalità.

La geografia fisica, orografica, risponde alle regole delle trasformazioni in atto dentro e fuori il globo terrestre.La geografia politica, storica ed economica si adattano all’evoluzione e all’involuzione del genere umano e delle sue risorse. La geografia dell’arte si ridisegna tra circuiti e influssi culturali. La geografia del corpo è segnata dalla storia del nostro vivere sempre in bilico tra debolezza ed energia, leggerezza e pesantezza, guarigione e malattia. La geografia dell’anima si estende nei meandri dell’interiorità arricchita o impoverita dalle esperienze: i Margini Orientali di queste geografie sono quelli rivolti ad Est, sinonimo di aperture verso l’ignoto, l’irrazionale. E’ sinonimo di sensibilità verso tutto ciò che è natura, istinto percezione. E’ mancanza completa di stereotipi, preconcetti, prevenzioni. E’ inclinazione verso la vita, il sole, la luce e, anatomicamente, corrisponde al cuore, all’intelletto creativo.

La donna che esplora il suo Margine Orientale è un’antenna che capta segnali lontani, è involontariamente un nido entro cui le emozioni degli altri prendono forma. Non esiste il tempo, non esiste lo spazio, è accogliere il luccichio di luoghi mai esplorati al di fuori di ogni epoca, perchè tutta la storia e la geografia sono dentro di lei, intatte. L’ultimo ciclo dei lavori di Silvana Sferza rappresenta visivamente tutto questo. La capacità di integrare pittura e scultura insieme, grafica e installazione, dirige lo sgurdo di chi osserva in più direzioni interpretative. si colgono, così, riferimenti etnici e poetici, legami con la territorialità partenopea, influssi e citazioni di rara delicatezza. Saturi di ori e argenti, di eco bizantine, di costanti passaggi a sud-est declinati all’infinito a colpi di spatola e pennello, come tessere musive che riordinano il presente attraverso un segno analitico che azzera ogni possibilità di errore, il margine si allarga, comprendendo tutto. Non esistono scissioni, contrapposizioni, in questo spazio dimensionato della nostra esistenza.

Il Margine Orientale è armonia assoluta. (Simona Barucco)

 

Silver as well as golden backgrounds and shapes either characterise or determine Silvana Sferza’s painting. Distant and ancient preciousness are overlapping until totally upsetting expressivity’s parameters themselves. Each image belong to a pulsing and sometimes pregnant intimate universe. It is the victory of life to death, still progressing on its inexorable path. Each woman has in herself the capability of giving birt. However, in spite of her occasional phisical incapability of becoming a new life laboratory, new fresh alternatives and perspectives open up in front of her. A woman, despite not a mother, is the mother being of any other born human being from the beginning of time. As if she was able to feel in herself any world life’s moaning and breath, and she totally holds that role and, thanks to that, her personality’s Eastern Bolders widen. Phisical as well as orographical geography  conforms either to ongoing rules or modification inside and outside the globe. Political,historical and economic geographi are determined by both human being or its resoueces’ evolution or involution. Art geography is determined by either cultural paths and influences. Our body map is marked by our life happening always hovering between weakness and strength, recovery and illness. Our soul’s map spreads itself inside spiritual life’s maze, either enriched or spoiled by life experiences: such geographies’ Eastern borders are turned toward East, symbolising the unknown, the irrational. Actually they would like to represent the feeling for everything natural, instinctual, perceivable. At the same time, they would like to ger rid of any stereotypes, bias, prejudice. They’d like to represent a bent for life, sun, light, and are anatomically depicted by hearth and creative skill. Each woman exploring her Eastern borders is an aerial picking up far-away signal as well as an unaware cradle where other people’s emotions bring out. Time and space don’t exist, it’s only hosting the gleaming coming from places never explored before that really matters, since the whole story and geography of the world are inside her, sound.

The last Silvana Sferza’s artistic production clearly stands for all of that. Her quite apparent skill in mingling both painting and sculpture, graphic and installation, addresses spectator’s glance towards different explanatory directions. Actually, ethnical and poetical connection can be noticed in her art work, togeter whit Neapolitan territorial culture’s connections and delicate quotation, influences. Her work, enriched whit golden and silver colours, crammed whit Byzantine memories, highlighted by constant South-West passage endlessly repeated by mosaic-like painting spatula and brush’s strokes, apparently aiming to reorganise our present time by analytic sign annulling any mistake chance, eventually allows the Borders to widen, to include everything. In our existence space, splitting or clashes do not exist at all. The Eastern Borders are made of total harmony. (Simona Barucco)

 

La scelta del luogo per questa mostra è stata una ricerca accurata, un luogo del 1700 l’Ipogeo della Chiesa dell’Annunziata a Napoli, per secoli è stato un luogo dove le genitrici immature e in difficoltà lasciavano le piccole creature in un ingranaggio di una ruota di legno creato appositamente per loro e in modo che nessuno le potesse vedere e riconoscere. La ruota degli Esposito (il cognome che gli veniva dato a tutte/i uguale). Emerge il lavoro autobiografico.

Una donna che possa auto/affermarsi con auto/evoluzione personale e professionale riconoscendosi l’autorità di pensare ed agire autonomamente e creativamente e non in subordinazione in competizione rispetto all’altro sesso. E’ lì che si situa il nucleo dell’identità femminile come sentimento di coesione interna, ed è da lì che occorre partire per poter integrare l’archetipo del mito e quindi l’immagine interna inconscia con le risposte ed i modelli esterni inseriti nel sistema sociale e relazionale che contemplano via via le diverse figure di Donna Madre.

Nell’occasione del finissage sono intervenuti in una performance il Teatro dell’Anima e canti spiritual EDO di un gruppo di donne africane.